Microfiltrazione e pastorizzazione. La differenza produttiva tra artigiani e industria

Microfiltrazione e pastorizzazione. La differenza produttiva tra artigiani e industria

Last Updated on Giugno 2023 by Riccardo Francesconi

Qual è la differenza produttiva tra artigiani e industria? I grandi birrifici internazionali continuano a comandare il mercato birrario. Nonostante ciò la birra artigianale fa sempre più scalpore. E, oggigiorno, è cruciale conoscere i termini pastorizzazione e microfiltrazione che andiamo a spiegare in questo articolo.

Microfiltrazione e pastorizzazione, la differenza tra artigiani e industria

Dietro a un birrificio artigianale spesso ci sono ragazzi e ragazze disposti a lasciare un lavoro sicuro in nome della loro passione. Ci sono mastri birrai che non si accontentano mai dei loro traguardi e si migliorano sempre più. Ci sono birrifici che oltre a voler produrre un prodotto di qualità eccellente vogliono anche produrre il tutto solo con ingredienti coltivati in proprio.

Si va in una dimensione che esce fuori dal mero guadagno e che si sposta sulla ricerca dell’affermazione del proprio birrificio attraverso altri metri di misura. Metri di misura che puntano tutti verso un’unica parola: qualità.

Il fatto è che non possiamo associare la parola qualità ad artigianale.

E allora cosa è, in concreto, che ci fa dire se una birra è artigianale oppure no a livello produttivo? La risposta viaggia su due rette che si chiamano microfiltrazione e pastorizzazione.

Questi due processi sono effettuati sulla birra finita che è la birra pronta per essere bevuta o commercializzata nei vari locali.


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Microfiltrazione

La micro-filtrazione consiste nel far passare il liquido birra finita in maglie dalla tela fittissima: più piccole di un micron.

Quindi per farla molto breve è come passare la birra attraverso un colino che trattiene particelle in sospensione e rende la birra cristallina. Ma c’è di più in realtà. Infatti, una maglia così stretta trattiene ben più delle particelle in sospensione visibili ad occhio nudo, trattiene anche microbi e in generale tutto ciò che è più grande di un micron. Un micron, per rendere l’idea è 1 millesimo di millimetro, per capirci ancora meglio, i globuli del sangue circa 8 micron.

Altro che particelle in sospeso, la microfiltrazione è in grado di bloccare e portare via dalla nostra birra molto altro. Questi filtri bloccano gli elementi che danno il colore e l’amaro alla birra, ma anche altre sostanze che gli ingredienti apportano, al fermentato, durante tutta la produzione. Ad esempio, il luppolo porta con se principi antiossidanti che aiutano la conservazione della birra, principi che sono spazzati via dalla micro-filtrazione.

Pastorizzazione

Microfiltrazione e pastorizzazione,. Se si parla della seconda lui ne è l'artefice

La pastorizzazione è il processo inventato da Louis Pasteur il quale ebbe come obbiettivo quello di migliorare la qualità e la stabilità della birra e in generale anche di altri prodotti come il vino e il latte ( il latte che beviamo spesso è pastorizzato).

La pastorizzazione della birra oggi viene fatta riscaldando per pochi secondi il liquido ad un temperatura di circa 75°C attraverso macchinari specifici.

È un processo che viene messo in atto per allungare la vita del fermentato. Infatti, con questo riscaldamento repentino, si distruggono la maggior parte dei batteri e, ce ne fosse il bisogno, si inattivano tutti gli enzimi.

Quando Pasteur inventò la pastorizzazione fu un qualcosa di rivoluzionario, perché prodotti dall’alta deperibilità diventarono più stabili e conservabili nel tempo, mantenendo comunque il loro gusto originale. Pensiamo, infatti, a metodi di conservazione come il sott’olio, il sotto aceto, la salagione (e altri su questo genere) quanto cambiano il prodotto originale.

Purtoppo però anche la pastorizzazione si porta via, insieme ai microbi, anche gusti e sapori della birra. Quindi se da una parte si allunga la vita del prodotto dall’altra si tolgono proprietà e caratteristiche che farebbero parte della natura della birra. Per fare alcuni esempi, si possono perdere, vitamine e sali minerali e in generale come dicevamo il gusto vero della birra.

Conclusione su microfiltrazione e pastorizzazione

Siamo di fronte a due processi che quando uniti danno origine a un qualcosa che indubbiamente ci lascia perplessi. La birra, infatti, esce enormemente cambiata dopo aver subito la microfiltrazione e la pastorizzazione. Perde gran parte delle proprietà nutritive che possiede (anche salutari, come le vitamine) e si impoverisce a livello organolettico, dando vita ad una birra poco gustosa che è solo la versione pallida e denaturata della birra uscita dal maturatore.

Addirittura, in alcuni casi, a causa di questi processi c’è il rischio che acquisisca veri e propri cattivi odori. Perché fare tutto ciò? Perché denaturare una birra? E renderla in definitiva molto meno gustosa? Non menzionerò il nome di nessuna birra, ma come a me, a molti è successo di bere una birra industriale prima di subire questi due processi e come si suol dire “la musica cambia”.

Sembra proprio una scelta dettata semplicemente dal guadagno. Grazie, a questi processi si possono aumentare le produzioni, gli enormi gruppi di distribuzione possono fare grandi acquisti e in generale, un tempo si potettero allargare i propri orizzonti commerciali birrari.

Non tutto almeno nella pastorizzazione sembra negativo, ma quale prezzo abbiamo pagato in nome della conservazione e del poter bere in ogni dove un prodotto in sicurezza?

La differenza produttiva tra artigiani e industria

La differenza produttiva tra artigiani e industria sta proprio qui. I mastri birrai che lavorano all’interno di birrifici artigianali non possono (e non vogliono nemmeno) utilizzare né la microfiltrazione né la pastorizzazione che andrebbero a rendere le loro ricette solo qualcosa che le ricorderebbe alla lontana. Di fatto si va a produrre birra con tecniche più evolute rispetto a secoli fa, ma si rinuncia a le due che non apportano niente al miglioramento della birra a livello organolettico.

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